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Polizze Poste vita: una storia di inganni ed espropriazioni di Stato

L’argomento è complesso e ancora incerto sotto il profilo legislativo (il Parlamento

dovrebbe convertire e non si sa se con modifiche il Dl. n. 40/2010), ma estremamente

esemplificativo del modus operandi del sistema finanziario e della classe politica

italiani.

Quella che si propone è una sintesi inevitabilmente molto parziale.

E’ successo negli ultimi anni che parecchi risparmiatori su sollecitazione delle Poste

Italiane spa, abbiano stipulato delle polizze “Poste Vita”. Tali polizze emesse da Poste

vita spa, ramo assicurativo di Poste Italiane spa, dovevano essere nell’intenzione dei

contraenti (e nelle prospettazioni delle Poste) uno strumento utile per trasmettere ai

parenti delle somme di denaro, usufruendo delle agevolazioni di legge per tale tipologia

di contratti.

In realtà, è accaduto che i contratti stipulati non fossero “semplici” contratti di

assicurazione sulla vita, ma contratti di natura cd. mista: da una parte l’elemento

assicurativo, dall’altra quello di investimento finanziario. I soldi del risparmiatore

(spesso ignaro, di età superiore i 65 anni e con nessuna conoscenza finanziaria) non di

rado venivano investiti in strumenti finanziari rischiosi, collegati ad indici della borsa

(index linked), emessi da società distinte rispetto a Poste Vita che si limitava, come

molte altre società assicurative, ad immettere sul mercato dei “prodotti finanziari

travestiti da assicurazioni” senza neppure garantire il capitale investito. Questa grave

anomalia-distorsione del mercato italiano in cui mancavano i“meccanismi di tutela e

garanzia tipici dei contratti di assicurazione, spesso affievoliti in prestazioni

demografiche a bassissimo valore aggiunto per gli assicurati” veniva corretta con anni

di ritardo dall’ISVAP con il Regolamento n. 32 dell’11 giugno 2009.

A questi fatti, già di per sé indicativi della sostanziale impunità degli operatori

finanziari-assicurativi, si deve aggiungere un altro particolare, all’apparenza innocuo

ma, in realtà, come vedremo, fondamentale per le vicende che si espongono: alla morte

dell’assicurato i funzionari delle Poste consigliavano ai beneficiari delle polizze di non

chiedere la liquidazione, ma di aspettare il termine naturale di scadenza degli

investimenti. Poste prometteva per iscritto che non avrebbe eccepito l’eccezione di

prescrizione annuale e che il beneficiario avrebbe potuto riscuotere la polizza entro

dieci anni. Sulla base di tali promesse quasi sempre i beneficiari accettavano.

Parallelamente il legislatore, attraverso una complessa serie di provvedimenti

normativi (l. 3/12/2005 n. 266, D.p.r. 116/2007, l. 27/10/2008 n. 166, e l. 4/12/2008 n.

190, Circolare 11/3/2009, n. 19677 del Ministero Economia e Finanze, Dl. n. 40 del

2010), decideva di creare un sistema di indennizzo dei risparmiatori “traditi”. Tale

sistema di indennizzo, ancora incompiuto e non operativo, si configura in palese

contrasto, sotto ogni profilo, con il modello comunitario di riferimento costituito dalla

Direttiva 97/9/CE. Mentre, infatti, la Direttiva stabilisce un sistema di indennizzo

sostenuto principalmente dalle imprese di investimento, il sistema previsto dal

legislatore italiano ha la forma invece di un fondo alimentato con le risorse

“espropriate” ai risparmiatori. Lo Stato, infatti, con la Legge n. 166/08 stabiliva

che venissero devoluti al Fondo di garanzia, con effetto retroattivo, oltre ai soldi

provenienti dai conti correnti cd. dormienti, le somme ricavate dalle polizze

prescritte a far data dal 2006.

Con l’entrata in vigore della legge n. 166/08 si saldano, dunque, le due parti delle

vicende descritte, venendosi a creare una situazione paradossale: i cittadini

beneficiari delle polizze Poste vita si vedono “espropriare” dallo Stato i soldi a loro

destinati dai genitori e parenti a favore del Fondo di garanzia presso il Ministero

dell’Economia e Finanze (che controlla per il 65% Poste Italiane spa…) creato per

indennizzare proprio i risparmiatori. Poste Italiane, che aveva promesso di applicare la

prescrizione decennale, rifiuta la liquidazione delle polizze affermando che deve

applicare la legge. Le associazioni dei consumatori, in particolare Federconsumatori,

denunciano l’incostituzionalità di quello che si configura come un furto di Stato. Il

Governo tentenna. Alla fine, dopo molte pressioni da varie parti, sotto le elezioni,

decide che è il caso di mettere rimedio alla situazione grottesca che ha contribuito a

creare, ma lo fa in modo ambiguo e parziale.

Il Decreto n. 40/2010, infatti, corregge solo in parte la precedente normativa,

stabilendo che: 1) sono salve le polizze prescritte prima del 28/10/08 non devolute al

Fondo alle quali si potrà applicare la prescrizione decennale prevista da Poste Italiane;

2) sono devolute al Fondo e quindi perse tutte le somme relative a polizze per cui la

prescrizione è avvenuta dopo il 28/10/08; 3) rimangono nel Fondo – a prescindere da

quando è intervenuta la prescrizione – e sono quindi perse tutte le somme già nel Fondo.

A questo punto alcuni interrogativi: È legittimo e politicamente accettabile il citato

Decreto che ricorda molto il detto “chi avuto avuto chi ha dato ha dato …”? E’ giusto

inquadrare come polizze vita (prescrizione annuale) quelli che sono a tutti gli effetti

degli investimenti finanziari (prescrizione decennale)? Perché il legislatore non ha

previsto, come invece è stabilito per i conti correnti dormienti (D.p.r. 116/2007),

l’obbligo per le società assicuratrici di comunicare per iscritto al beneficiario della

polizze vita l’esistenza della polizza vita, vincolando all’adempimento di detto obbligo la

devoluzione al Fondo delle relative somme? E da ultimo, cosa accadrà se il Governo

non convertirà il Decreto?

Per le risposte consigliamo di rivolgersi agli sportelli Federconsumatori, per le proteste

al Ministero dell’Economia e Finanze e alla Presidenza del Consiglio, per farsi ascoltare

da politici che fino ad oggi si sono mostrati perlomeno sordi ed inetti.

Consulente Legale Federconsumatori Bologna, Avv. Giuseppe Genna


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