Oggetto: Osservazioni di Federconsumatori Nazionale in merito alla ratifica del Trattato CETA – Comprehensive Economic Trade Agreement
Lasciamo una breve memoria in cui si sintetizza la posizione di Federconsumatori sulla proposta di Trattato CETA, chiedendo al Parlamento di non ratificarlo e al Governo italiano di farsi promotore di una sostanziale riscrittura dello stesso che, ove mantenuto nei suoi contenuti attuali, provocherebbe danni alle produzioni italiane e ai livelli di tutela sociale e della salute dei cittadini.
Innanzi tutto ci preme sottolineare la scarsa informazione e lo scarso coinvolgimento dei cittadini italiani, che pure subiranno ripercussioni sulla propria qualità di vita in seguito all’attuazione del Trattato.
E’ inoltre particolarmente delicata la questione relativa agli ISDS, cioè le clausole di risoluzione delle controversie tra investitori e Stato, la cui adozione consente a gruppi privati di ricorrere ad un arbitrato internazionale qualora vedano i propri investimenti messi a rischio da provvedimenti varati dai governi. In questo modo viene istituito una sorta di tribunale sovranazionale nel quadro di un meccanismo che intacca la possibilità dello Stato di adottare leggi di interesse pubblico che tocchino gli interessi e i guadagni delle aziende.
Altro punto problematico è rappresentato dal principio di precauzione, non previsto né tantomeno tutelato dal CETA: mentre in Canada, così come negli Stati Uniti, le sostanze possono essere utilizzate e commercializzate finché non ne viene dimostrata la dannosità, nei Paesi UE è esattamente il contrario. Se un’azienda, quindi, deve commercializzare una sostanza, è prima tenuta a dimostrare scientificamente che questa non provochi alcun danno. In questo senso l’accordo sancisce un cambiamento nettamente peggiorativo in termini di tutela della salute del consumatore. E’ antistorico passare da politiche di prevenzione a politiche risarcitorie.
Non si possono non valutare i potenziali rischi per il mondo del lavoro. L’accordo infatti non prevede disposizioni vincolanti in merito all’incremento dell’occupazione, alla tutela della salute e alla sostenibilità sociale e ambientale.
Infine, c’è la questione delle denominazioni italiane DOP e IGP. In base ad un criterio che non è stato reso noto, sono stati selezionati 41 prodotti italiani tutelati dal CETA. Ciò significa che le restanti 248 denominazioni Made in Italy restano escluse: basti pensare che per l’olio d’oliva nessuna delle principali DOP e IGP è inclusa nella lista. Inoltre a questa tutela sono previste alcune, rilevanti eccezioni. Un primo, rilevante esempio è rappresentato dalla possibilità, per gli operatori canadesi che hanno utilizzato i marchi Asiago, Fontina e Gorgonzola fino al 18 ottobre 2013, di continuare ad utilizzare tali diciture. Inoltre sarà ancora consentita la registrazione di marchi contenenti il termine Parmesan (con divieto di utilizzo di elementi che possano ingannare il consumatore in merito all’origine del prodotto), ammettendo in sostanza una coesistenza del Parmesan e del Parmigiano Reggiano. Altra convivenza discutibile riguarda i salumi: il prosciutto di Parma, il prosciutto Toscano, il prosciutto di Modena e il prosciutto San Daniele verranno immessi nel mercato canadese ciascuno con la propria denominazione ma dovranno convivere con gli omonimi marchi canadesi registrati. Ciò significa che per questi prodotti viene consentita e ratificata la possibilità di vendita e distribuzione sia degli originali italiani sia della loro versione canadese. Tutti elementi, questi, che di fatto allentano la difesa del patrimonio agroalimentare italiano e delle nostre produzioni, poiché mantengono una situazione di ambiguità che rende difficile il riconoscimento del prodotto originale.
“Progetto realizzato nell’ambito del Programma generale di intervento della Regione Emilia Romagna con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello sviluppo Economico. Ripartizione 2015.”
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