La contrazione del credito alle famiglie è un fenomeno estremamente allarmante che monitoriamo e segnaliamo da tempo.
Infatti, come denunciato dalla CGIA, si consolida sempre di più la resistenza da parte delle banche a concedere prestiti (per non parlare dei mutui) alle famiglie.
Ma a tale tendenza si aggiunge un ulteriore elemento che contribuisce a determinare la caduta verticale del credito al consumo nel nostro Paese: secondo le elaborazioni dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori, tale calo è dettato anche dalla forte contrazione delle richieste di prestito da parte delle famiglie.
Il profondo disagio che i cittadini affrontano quotidianamente è tale da non consentir più loro nemmeno di indebitarsi.
La convergenza di tali fenomeni ha portato a registrare, nel 2013, una diminuzione delle consistenze del credito al consumo pari al -4% rispetto allo scorso anno, confermando una tendenza già iniziata dopo il 2009.
Mentre dal 2002 al 2009, infatti, vi è stata una continua crescita delle consistenze debitorie (dovuta alla necessità di colmare la perdita del potere di acquisto all’indomani del passaggio dalla Lira all’Euro), a partire dal 2009 – 2010, con l’aggravarsi degli effetti della crisi economica, tale andamento ha iniziato a ribaltarsi: le famiglie hanno cominciato a diminuire fortemente gli acquisti, anche rateali. Fino a tornare, nel 2013, a livelli antecedenti il 2008.
“Un grave segnale di allarme che conferma, ancora una volta, la necessità di un avvio urgente ed immediato di misure tese al rilancio del potere di acquisto delle famiglie attraverso detassazioni (IMU, IVA, Tares) ed investimenti per il lavoro e l’occupazione.” – dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti.
Un passo decisivo per le ripresa economica delle famiglie e del Paese, che va compiuto senza ulteriori esitazioni. È questa, infatti, la strada concreta per dare un nuovo impulso alla crescita economica, segnando un rilancio dei consumi e della produzione.
E.A.
Realizzato nell’ambito del programma generale di intervento 2010 della Regione Emilia Romagna con l’utilizzo dei fondi del Ministero per lo sviluppo economico
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