Proprio lo scorso luglio, il Giudice di Pace di Bologna ha emesso un’altra importante sentenza in tema di “credito al consumo”, che si riporta in fondo all’articolo.
Con l’espressione “credito al consumo” si intende quella forma di pagamento dilazionata che spesso, quando si acquista un bene, viene proposta dal venditore stesso. In altre parole, il bene acquistato, invece di pagarlo in contante lo si paga in comode rate, stipulando contemporaneamente un contratto con una società finanziaria.
Il contratto di finanziamento è già pronto, viene consegnato al cliente dallo stesso venditore e, di regola, viene sottoscritto contestualmente al contratto di acquisto.
I problemi sorgono nel momento in cui il bene acquistato presenta dei vizi, dei difetti, o nel caso in cui l’oggetto della prestazione non viene fornita dal venditore.
Cosa succede del contratto sottoscritto con la finanziaria?
Il consumatore è tenuto a pagare per un bene che non ha mai avuto o che presenta dei difetti?
Di questo si è discusso nel processo che ha visto protagonista una signora bolognese che aveva sottoscritto con una società, un contratto avente ad oggetto alcuni trattamenti estetici. Al momento della sottoscrizione di questo contratto, la consumatrice aveva firmato, contestualmente, un secondo contratto di finanziamento, compilato dalla incaricata del centro estetico a favore di una società finanziaria
Dopo sole alcune sedute per i trattamenti estetici oggetto del contratto, il centro estetico veniva chiuso e così, dopo aver provveduto al pagamento delle prime rate del finanziamento, la nostra consumatrice si rivolgeva alla Federconsumatori di Bologna, che provvedeva a comunicare alla finanziaria la sospensione di tutti i pagamenti da parte della sua assistita.
Le richieste di pagamento da parte della Finanziaria, però, divenivano sempre più insistenti e per tale ragione la protagonista della vicenda si è vista costretta a difendersi dinanzi al Giudice di Pace di Bologna per il riconoscimento delle sue ragioni.
Il Giudice di Pace, accogliendo le istanze della signora, ha emesso la sentenza n. 20211/11 con cui ha dichiarato la risoluzione del contratto di finanziamento. Ha altresì dichiarato che nulla è più dovuto dalla consumatrice alla società finanziaria ed ha imposto a quest’ultima di procedere alla immediata cancellazione del nominativo della signora dalle banche dati e da ogni sistema di informazione creditizio ai quali la finanziaria medesima avesse segnalato il predetto nominativo in relazione ai mancati pagamenti delle rate del prestito.
Questa pronuncia accoglie in pieno la tesi difensiva dei consumatori secondo cui sarebbe un’enorme ingiustizia se un consumatore, a fronte di un inadempimento del venditore, dovesse essere costretto a pagare per un bene difettoso o addirittura mai avuto per il sol fatto di aver sottoscritto un contratto di finanziamento.
Questa materia è stata di recente regolata dal decreto legislativo 13 agosto 2010 n.141, che introduce alcune novità in tema di contratti di credito ai consumatori finalizzate a garantire maggiori tutele e più trasparenza per i consumatori.
Le novità rilevanti riguardano il diritto di recesso (ripensamento): il consumatore potrà svincolarsi dal contratto, senza spese, né commissioni di estinzione anticipata, entro 14 giorni dalla conclusione dello stesso; è stata introdotta la disciplina del contratto di credito collegato, quello cioè stipulato esclusivamente per finanziare la fornitura di un bene o di un servizio: secondo la nuova normativa qualora il consumatore eserciti (legittimamente) il diritto di recesso (ripensamento) dal contratto di fornitura del bene o del servizio, il contratto di credito collegato si intende risolto di diritto, senza alcuna penalità; è stato altresì espressamente previsto che il Taeg debba essere chiaramente indicato e debba includere tutte le spese relative al credito, inclusi i premi assicurativi, le spese di incasso delle rate, eventuali costi di gestione del c/c e della revolving card (se obbligatori per ottenere il prestito). La normativa introdotta impone altresì più trasparenza: il finanziatore deve consegnare al consumatore un modulo standardizzato per il credito che riporti in dettaglio costi e spese del credito e i diritti del consumatore; inoltre gli annunci pubblicitari, le informazioni riguardanti il tasso di interesse, le spese comprese nel costo totale del credito, l’ammontare delle rate, il TAEG, la durata del contratto, l’importo totale da rimborsare devono comparire in forma chiara, coincisa e graficamente evidenziata.
Avv. Paola Pizzi, legale della Federconsumatori di Bologna
Sentenza GdP BO 20211-11
(Foto di frank3.0 su Flickr.com)