Ricavi oltre i 20 miliardi di euro nel 2022, +90,3% sul 2021, che a sua volta aveva visto una crescita del 49% sul 2020. Una crescita che, nei tre anni di Covid, di guerra in Ucraina, di inflazione che erode salari e pensioni, ha raggiunto l’incredibile cifra di +184%.
Sono i risultati del Gruppo Hera, la SPA bolognese controllata per il 45,8% da 111 Comuni, in buona parte della nostra regione.
Un bilancio che stride con la condizione complessiva di famiglie e cittadini, che hanno visto in questi anni un pesante arretramento dei propri redditi, soprattutto a causa dell’enorme crescita dei costi energetici. Cresce l’area della povertà, si riducono le cure sanitarie e i consumi alimentari, si mettono in discussione i percorsi scolastici dei figli, aumentano le diseguaglianze educative.
La crescita a dismisura dei ricavi Hera evidenzia, ancora una volta, le contraddizioni di sistema. Una SPA che pianifica la crescita dei ricavi, in un mercato protetto: una crescita in gran parte a carico dei propri clienti. Ma poi Hera destina gli utili ai propri soci, pubblici e privati, consentendo ai primi di mantenere i servizi ai cittadini, gli stessi che hanno pagato più del dovuto i servizi di Hera.
Una contraddizione con effetti perversi; crescono sempre di più le difficoltà dei Comuni nel chiudere i bilanci, i dividendi di Hera sono indispensabili, e la richiesta è quella di farli crescere, sempre di più, in una spirale impazzita. Una spirale che andrebbe fermata, o quanto meno messa sotto osservazione, per evitare l’anno prossimo l’ennesimo comunicato trionfalista di Hera, vantante una crescita di ricavi ancora maggiore, senza specificare come. E soprattutto alle spalle di chi.
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