Il Tribunale di Sulmona, con sentenza del 25 febbraio 2001, ha dichiarato vessatoria la clausola, contenuta nel contratto SKY, che vieta l’utilizzo della propria tessera di abbonamento al di fuori della propria abitazione. Di conseguenza, è stata annullata la fattura, circa 7000 euro di penali, addebitata ad un consumatore che aveva portato la scheda a lui intestata nel locale di proprietà della madre.
Secondo la ricostruzione del giudice, la clausola che riporta il divieto in questione è vessatoria ai sensi degli artt.33 e seguenti del Codice del Consumo (d.lgsl. 206/2005). L’art.33 dispone che “nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto“. In particolare, si presumono vessatorie, tra le altre, le clausole che dispongono di “imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo“. Questo genere di clausole, se inserite in contratti già pre-formulati a cui il consumatore si limita ad aderire (come accade in tutti i rapporti tra utenti e grandi società di servizi), per superare il vaglio di vessatorietà deve essere oggetto di specifica trattativa individuale. Sky non è riuscita a dimostrare, in giudizio, l’esistenza della trattativa, ragion per cui la clausola è stata giudicata vessatoria e quindi inefficace, mentre il resto del contratto è rimasto invariato.
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